Di cavallo in torre

e di torre in cavallo

scacchi e scacchiere nell'arte contemporanea

8 - 16 giugno 2016

Mercoledì 8 giugno 2016 alle 18.30 presso la Fondazione Rivoli2, in via Rivoli 2 a Milano, si terrà la presentazione di Di cavallo in torre e di torre in cavallo. Scacchi e scacchiere d’arte contemporanea in Italia, un libro edito da Carlo Pozzoni Fotoeditore con un testo di Roberto Borghi.

Interverranno Giovanni Longo, Milly Pozzi e Roberto Borghi. Introdurrà Nicoletta Castellaneta.

In questa occasione, e fino a giovedì 16 giugno verranno esposte alcune delle opere pubblicate nel volume: gli Scacchi di Baj (1988) di Enrico Baj, Gli Scacchi (2014-15) di Francesco Garbelli, la Scacchiera (1970 circa) di Alik Cavaliere, la Scacchiera (2007) di Andrea Branzi, il Progetto di scacchiera per santi Sebastiani con un Cavallo e una Torre (1992-2000) di William Xerra, le cartelle di incisioni DICAVALLOINTORRE e DITORREINCAVALLO (2015) realizzate rispettivamente da Valdi Spagnulo e Paola Fonticoli.
Giovedì 16 giugno alle 11.00 la Fondazione ospiterà una conversazione di Francesco Garbelli, Enrico D.Bona, e Tono Morganti – aperta al pubblico, ma rivolta in primo luogo agli studenti del Laboratorio Magistrale di Progettazione Architettonica tenuto al Politecnico di Milano dal professor Massimo Ferrari – sul tema Scacchi, progetto, città.
Di cavallo in torre e di torre in cavallo documenta opere per la maggior parte presenti nelle collezioni di soci della Chess Collectors International – Sezione Italia.

Il testo di Roberto Borghi, intitolato Il mondo dell’arte, il gioco dell’arte, il gioco del mondo, delinea un panorama dell’immaginario scacchistico nell’arte e nella cultura italiana del secondo Novecento, che spazia da uno dei più singolari scritti di Achille Bonito Oliva (La delicata scacchiera, 1973) ai romanzi e ai saggi di Giuseppe Pontiggia. Il filo conduttore del testo sono le riflessioni di Michel Leiris sulla paradossale «sacralità disarmata di trascendenza» che caratterizza la cultura delle avanguardie. In quest’ambito l’arte tende a divenire una forma di «ritualità senz’aura, una liturgia “a salve”» dal «carattere disinteressato» simile a quella propria del gioco, di cui gli scacchi, grazie al loro retaggio millenario e alla loro alta densità simbolica, rappresentano quasi l’archetipo. La creazione artistica però ha la pretesa di «mettere in gioco il mondo» ridefinendone il significato, come ricorda uno scritto di Giò Pomodoro che accompagna una sua opera in forma di scacchiera, non a caso intitolata Il gioco del mondo.